Dal 6 al 9 Ottobre il nostro tecnologo Gianni Calaon, pizzaiolo 4 volte campione del mondo, ma anche docente, consulente ed energico imprenditore, avrà uno stand in collaborazione con Zanolli al Tecno Bar&Food di Padova, stand 5H 293. Per l’occasione vi anticipiamo con un’intervista alcuni segreti della sua effervescente attività. Non perdetevi i suoi show cooking dal vivo!
Non è esagerato affermare che sei un lavoratore poliedrico. Vorremmo soffermarci sulle tue esperienze, in Italia e all’estero, che possano ispirare i numerosi professionisti desiderosi di evolversi.
Iniziamo dal nome del tuo locale di Padova: Rivoluzione Pizza. Cosa intendi tu per “Rivoluzione”?
Gianni Calaon: “Una pizzeria che offre pizza gourmet, ma senza la necessità di un pizzaiolo: le basi pizza permettono questa rivoluzione. Fermo restando che si utilizzino ingredienti di qualità per la farcitura e ci si avvalga di personale formato e affidabile.”
Oltre ai tuoi numerosi successi individuali, hai vinto vari premi anche con il Team Penelope. Il lavoro (o se preferiamo “gioco”) di squadra è un valore importante nella filosofia Zanolli. Che posizione occupa, nella tua attività, la “squadra” (a parte il Toro, che sta al numero uno)?
GC: “Esatto, il Toro sta sopra tutti! Nella mia visione, una squadra deve essere numerosa e internazionale. Al momento siamo in 5, ma il mio progetto è di implicare molte più persone, di stabilire un legame duraturo con le aziende e con i partners con cui lavoro, senza dimenticare che tutti gli elementi di una squadra sono sullo stesso piano. Costruire una squadra limitandosi all’Italia è difficile, io preferisco pensare in grande e tenere sempre la stessa maglietta.”
In Italia hai avviato con successo un laboratorio per la produzione di basi pizza di alta qualità. Ecco un valido esempio di diversificazione del business. Puoi raccontarci qualcosa di questa tua attività?
GC: “Il mio lavoro mi porta a girare molto e a conoscere molte realtà. Ho iniziato piano piano ad intuire che quella delle basi pizza poteva essere una soluzione adatta a vari tipi di attività (pizzerie da asporto, supermercati…) e mi sono attrezzato con un laboratorio produttivo dedicato unicamente alle basi e che include una linea di forni a tunnel Synthesis di Zanolli. Visitando le aziende che rappresento ho avuto facilità nel proporre le basi. Ne produco con vari tipi di impasto e di varie dimensioni. La mia clientela sa apprezzarne la qualità ed accetta il prezzo. Non intendo svendermi per fare più numeri.”
A tuo avviso quello per gli affari è un istinto innato o può crescere coltivandolo? Che consigli daresti a chi non nasce con lo stesso istinto? Oltre all’esperienza acquisita e accresciuta sul campo, hai seguito formazioni particolari?
GC: “Per la mia esperienza direi che cresce coltivandolo! All’inizio della mia carriera ho preso non poche cantonate. Ciò che mi ha permesso di progredire è stata una costante attenzione a tutto ciò che mi circondava, ovunque fossi nel mondo. Fiere, eventi, visite… tengo sempre gli occhi e il naso ben aperti per lasciarmi ispirare. Naturalmente ho seguito tutte le formazioni che andavano seguite, ma l’esperienza sul campo è indispensabile, perché si interagisce con la realtà quotidiana. Personalmente mi sento più un tipo da banco pizza che da cattedra.”
Abbordiamo ora l’argomento complesso dell’internazionalizzazione, nella fattispecie il tuo progetto di apertura di pizzerie in Cina. Dati i tuoi frequenti viaggi, siamo curiosi di conoscere le tue impressioni.
Le pizzerie “Gianni Calaon Pizza Champion” a Wuhan – una città “secondaria” di soli 11 milioni di abitanti – sono ormai state avviate con successo. Si tratta di pizza gourmet con ingredienti importati. Come viene recepito il concetto “gourmet” in Cina? È facile riprodurlo? C’è un adeguamento ai gusti – e ai prezzi – locali?
GC: “Effettivamente con i miei partners abbiamo già avviato a Wuhan 4 pizzerie e ne apriremo altre anche in città vicine. Ingredienti basilari come pomodoro e mozzarella sono importati. Ma in Cina troviamo molti altri ingredienti, come carne e verdura, che non serve importare. Riusciamo quindi a proporre un prodotto che costa sì come in Italia, quindi relativamente caro in proporzione, ma che viene spesso condiviso e consumato con altri alimenti meno cari. Il che rende il pasto abbordabile. Il nostro obiettivo è quello di mostrare ai consumatori cinesi che l’origine della pizza non è americana, bensì italiana! Vogliamo scalzare Pizza Hut dall’immaginario locale, per questo abbiamo scelto come location strategica un food court di un centro commerciale. E funziona!”
Quando si investe all’estero si preventiva sempre un processo di adattamento. Tu come sei riuscito a far fruttare le differenze culturali con la Cina?
GC: “Durante i miei primi 15 giorni in Cina ho girato tutta la città per comprenderne lo stile alimentare, per assorbirne al massimo la cultura culinaria. Nella proposta della mia pizzeria ho quindi inserito ingredienti piccanti, funghi, salsiccia, coriandolo per sperimentare e andare incontro ai gusti locali.”
In Cina (e non solo) avere le cosiddette “关系guanxi” (relazione preferenziale, raccomandazione) è spesso fondamentale per avere successo nei progetti. Tu hai esperienza di questo fenomeno? Per quello che hai vissuto, il “sistema Italia” all’estero funziona? Hai notato più solidarietà o più concorrenza?
GC: ”Il progetto che abbiamo avviato in Cina si sta sviluppando anche grazie alle mie conoscenze. Così come, grazie alle conoscenze dei miei collaboratori, alcune locations possono risultare più accessibili. Nella città di Wuhan non conosco molti italiani, non saprei dire se in quella città è presente una rete che fa sistema.”
Quando si decide di imboccare la via dell’internazionalizzazione, il progetto va studiato meticolosamente. Ci sono a tuo avviso degli elementi basilari che rischiano di essere sottovalutati? Hai trovato facile collaborare con partners cinesi? Fino a che punto ritieni opportuno arrivare con il trasferimento delle conoscenze?
GC: “Nel mio caso, in Cina, ho dovuto adattarmi a delle attrezzature per la produzione delle basi pizza che non ho potuto scegliere e di cui temo la scarsa durata. L’ottica di consumo in Cina è diversa, ci sono esigenze più basse riguardo alla sostenibilità. Penso che sia fondamentale avvalersi di personale fedele e qualificato. Il responsabile pizzaiolo della prima pizzeria di Wuhan è stato attentissimo durante tutta la formazione che gli ho fatto. Ora è in grado di riprodurre alla perfezione quello che ha imparato da me. Davvero impressionante. Temo però che se dovesse inventare lui qualcosa di nuovo o se si trovasse in situazioni impreviste, sarebbe un po’ in difficoltà. Si può trasmettere la tecnica, ma non l’intuito, questo bisogna tenerlo in conto. Quando si viene chiamati per impartire delle conoscenze, e si è remunerati per questo, io ritengo che sia giusto e corretto fornirle, tanto più che è un know-how che rimane in Cina.”
Tu hai anche capito l’importanza di una presenza costante e aggiornata sui social networks. Pensi che l’utilizzo massiccio in Cina di social networks e applications abbia contribuito al successo della tua pizzeria? Può essere un’arma a doppio taglio?
GC: ”Nel caso della pizzeria di Wuhan, l’80% della pubblicità è avvenuta tramite social networks. L’impatto di queste strategie è innegabile. Wechat è un vero fenomeno: le dirette live che sono state organizzate per promuovere la pizzeria avevano qualcosa come 18 000 spettatori! Inoltre hanno organizzato una promozione per cui chi si faceva una foto con me fuori dal contesto della pizzeria aveva un buono consumazione in omaggio. Finora non ho riscontrato problemi con questi mezzi.”
Quale altra impresa sfornerai in futuro?
GC: “Vorrei senz’altro continuare a girare il mondo e mi sto muovendo in questo senso. La visione che mi guida è appunto quella di creare una squadra affiatata, numerosa, e sicuramente di respiro internazionale.”
Dal 6 al 9 Ottobre il nostro tecnologo Gianni Calaon, pizzaiolo 4 volte campione del mondo, ma anche docente, consulente ed energico imprenditore, avrà uno stand in collaborazione con Zanolli al Tecno Bar&Food di Padova, stand 5H 293. Per l’occasione vi anticipiamo con un’intervista alcuni segreti della sua effervescente attività. Non perdetevi i suoi show cooking dal vivo!
Non è esagerato affermare che sei un lavoratore poliedrico. Vorremmo soffermarci sulle tue esperienze, in Italia e all’estero, che possano ispirare i numerosi professionisti desiderosi di evolversi.
Iniziamo dal nome del tuo locale di Padova: Rivoluzione Pizza. Cosa intendi tu per “Rivoluzione”?
Gianni Calaon: “Una pizzeria che offre pizza gourmet, ma senza la necessità di un pizzaiolo: le basi pizza permettono questa rivoluzione. Fermo restando che si utilizzino ingredienti di qualità per la farcitura e ci si avvalga di personale formato e affidabile.”
Oltre ai tuoi numerosi successi individuali, hai vinto vari premi anche con il Team Penelope. Il lavoro (o se preferiamo “gioco”) di squadra è un valore importante nella filosofia Zanolli. Che posizione occupa, nella tua attività, la “squadra” (a parte il Toro, che sta al numero uno)?
GC: “Esatto, il Toro sta sopra tutti! Nella mia visione, una squadra deve essere numerosa e internazionale. Al momento siamo in 5, ma il mio progetto è di implicare molte più persone, di stabilire un legame duraturo con le aziende e con i partners con cui lavoro, senza dimenticare che tutti gli elementi di una squadra sono sullo stesso piano. Costruire una squadra limitandosi all’Italia è difficile, io preferisco pensare in grande e tenere sempre la stessa maglietta.”
In Italia hai avviato con successo un laboratorio per la produzione di basi pizza di alta qualità. Ecco un valido esempio di diversificazione del business. Puoi raccontarci qualcosa di questa tua attività?
GC: “Il mio lavoro mi porta a girare molto e a conoscere molte realtà. Ho iniziato piano piano ad intuire che quella delle basi pizza poteva essere una soluzione adatta a vari tipi di attività (pizzerie da asporto, supermercati…) e mi sono attrezzato con un laboratorio produttivo dedicato unicamente alle basi e che include una linea di forni a tunnel Synthesis di Zanolli. Visitando le aziende che rappresento ho avuto facilità nel proporre le basi. Ne produco con vari tipi di impasto e di varie dimensioni. La mia clientela sa apprezzarne la qualità ed accetta il prezzo. Non intendo svendermi per fare più numeri.”
A tuo avviso quello per gli affari è un istinto innato o può crescere coltivandolo? Che consigli daresti a chi non nasce con lo stesso istinto? Oltre all’esperienza acquisita e accresciuta sul campo, hai seguito formazioni particolari?
GC: “Per la mia esperienza direi che cresce coltivandolo! All’inizio della mia carriera ho preso non poche cantonate. Ciò che mi ha permesso di progredire è stata una costante attenzione a tutto ciò che mi circondava, ovunque fossi nel mondo. Fiere, eventi, visite… tengo sempre gli occhi e il naso ben aperti per lasciarmi ispirare. Naturalmente ho seguito tutte le formazioni che andavano seguite, ma l’esperienza sul campo è indispensabile, perché si interagisce con la realtà quotidiana. Personalmente mi sento più un tipo da banco pizza che da cattedra.”
Abbordiamo ora l’argomento complesso dell’internazionalizzazione, nella fattispecie il tuo progetto di apertura di pizzerie in Cina. Dati i tuoi frequenti viaggi, siamo curiosi di conoscere le tue impressioni.
Le pizzerie “Gianni Calaon Pizza Champion” a Wuhan – una città “secondaria” di soli 11 milioni di abitanti – sono ormai state avviate con successo. Si tratta di pizza gourmet con ingredienti importati. Come viene recepito il concetto “gourmet” in Cina? È facile riprodurlo? C’è un adeguamento ai gusti – e ai prezzi – locali?
GC: “Effettivamente con i miei partners abbiamo già avviato a Wuhan 4 pizzerie e ne apriremo altre anche in città vicine. Ingredienti basilari come pomodoro e mozzarella sono importati. Ma in Cina troviamo molti altri ingredienti, come carne e verdura, che non serve importare. Riusciamo quindi a proporre un prodotto che costa sì come in Italia, quindi relativamente caro in proporzione, ma che viene spesso condiviso e consumato con altri alimenti meno cari. Il che rende il pasto abbordabile. Il nostro obiettivo è quello di mostrare ai consumatori cinesi che l’origine della pizza non è americana, bensì italiana! Vogliamo scalzare Pizza Hut dall’immaginario locale, per questo abbiamo scelto come location strategica un food court di un centro commerciale. E funziona!”
Quando si investe all’estero si preventiva sempre un processo di adattamento. Tu come sei riuscito a far fruttare le differenze culturali con la Cina?
GC: “Durante i miei primi 15 giorni in Cina ho girato tutta la città per comprenderne lo stile alimentare, per assorbirne al massimo la cultura culinaria. Nella proposta della mia pizzeria ho quindi inserito ingredienti piccanti, funghi, salsiccia, coriandolo per sperimentare e andare incontro ai gusti locali.”
In Cina (e non solo) avere le cosiddette “关系guanxi” (relazione preferenziale, raccomandazione) è spesso fondamentale per avere successo nei progetti. Tu hai esperienza di questo fenomeno? Per quello che hai vissuto, il “sistema Italia” all’estero funziona? Hai notato più solidarietà o più concorrenza?
GC: ”Il progetto che abbiamo avviato in Cina si sta sviluppando anche grazie alle mie conoscenze. Così come, grazie alle conoscenze dei miei collaboratori, alcune locations possono risultare più accessibili. Nella città di Wuhan non conosco molti italiani, non saprei dire se in quella città è presente una rete che fa sistema.”
Quando si decide di imboccare la via dell’internazionalizzazione, il progetto va studiato meticolosamente. Ci sono a tuo avviso degli elementi basilari che rischiano di essere sottovalutati? Hai trovato facile collaborare con partners cinesi? Fino a che punto ritieni opportuno arrivare con il trasferimento delle conoscenze?
GC: “Nel mio caso, in Cina, ho dovuto adattarmi a delle attrezzature per la produzione delle basi pizza che non ho potuto scegliere e di cui temo la scarsa durata. L’ottica di consumo in Cina è diversa, ci sono esigenze più basse riguardo alla sostenibilità. Penso che sia fondamentale avvalersi di personale fedele e qualificato. Il responsabile pizzaiolo della prima pizzeria di Wuhan è stato attentissimo durante tutta la formazione che gli ho fatto. Ora è in grado di riprodurre alla perfezione quello che ha imparato da me. Davvero impressionante. Temo però che se dovesse inventare lui qualcosa di nuovo o se si trovasse in situazioni impreviste, sarebbe un po’ in difficoltà. Si può trasmettere la tecnica, ma non l’intuito, questo bisogna tenerlo in conto. Quando si viene chiamati per impartire delle conoscenze, e si è remunerati per questo, io ritengo che sia giusto e corretto fornirle, tanto più che è un know-how che rimane in Cina.”
Tu hai anche capito l’importanza di una presenza costante e aggiornata sui social networks. Pensi che l’utilizzo massiccio in Cina di social networks e applications abbia contribuito al successo della tua pizzeria? Può essere un’arma a doppio taglio?
GC: ”Nel caso della pizzeria di Wuhan, l’80% della pubblicità è avvenuta tramite social networks. L’impatto di queste strategie è innegabile. Wechat è un vero fenomeno: le dirette live che sono state organizzate per promuovere la pizzeria avevano qualcosa come 18 000 spettatori! Inoltre hanno organizzato una promozione per cui chi si faceva una foto con me fuori dal contesto della pizzeria aveva un buono consumazione in omaggio. Finora non ho riscontrato problemi con questi mezzi.”
Quale altra impresa sfornerai in futuro?
GC: “Vorrei senz’altro continuare a girare il mondo e mi sto muovendo in questo senso. La visione che mi guida è appunto quella di creare una squadra affiatata, numerosa, e sicuramente di respiro internazionale.”
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